Autori:
  • Alberto Maria Pujia (ricercatore MED/28 presso Università degli studi di Roma “Tor Vergata”); autore di riferimento Via Flaminia Nuova 238 – 00191 ROMA email: albpujia@gmail.com
  • Alessandro Mario Greco (Libero professionista in Roma);
  • Antonino de Lorenzo (Professore Ordinario di Alimentazione e Nutrizione Umana presso Università degli studi di Roma “Tor Vergata”)
  • Leonzio Fortunato (Professore Associato MED/28 presso Università degli studi di Catanzaro “Magna Graecia”)

Abstract: I bifosfonati sono molecole stabili analoghi ai pirofosfati inorganici ed è stata dimostrata la loro efficacia nel trattamento delle lesioni osteolitiche associati a metastasi ossee, al mieloma multiplo, ipercalcemia maligna, malattia di Paget e osteoporosi. Diverse pubblicazioni negli ultimi anni hanno suggerito che l’osteonecrosi della mandibola è associata alla terapia con bifosfonati. Le strategie di diagnosi e la gestione dei pazienti con osteonecrosi da bifosfonati della mandibola è molto difficile. E ‘importante per i pazienti essere informati del rischio di questa complicanza, in modo che abbiano la possibilità di valutare la necessità di un trattamento odontoiatrico prima di iniziare la terapia. Se è presente osteonecrosi della mandibola, la gestione dovrebbe essere conservativa: clorexidina orale e antibiotici. Il trattamento chirurgico dovrebbe essere riservata a quei pazienti che sono sintomatici. Le misure terapeutiche preventive devono essere prese prima, durante e dopo il trattamento con bifosfonati, così come affermato dalle linee guida.

Definizione: I bifosfonati sono una classe di farmaci in grado di inibire il riassorbimento osseo. Il nome di tale gruppo deriva dai due gruppi fosfonati che li caratterizzano a livello molecolare.

INTRODUZIONE

I Bifosfonati sono sostanze di natura non ormonale, attive nell’omeostasi minerale ossea, sono molecole in grado, attraverso un saldo legame con i cristalli di idrossiapatite, di modulare il turnover scheletrico e, in particolare, di inibire selettivamente il riassorbimento osseo osteoclasto-mediato.

Una grave complicanza associata all’uso dei bifosfonati (BF), soprattutto in pazienti con metastasi ossee da tumori solidi, è l’osteonecrosi delle ossa mandibolari e mascellari (ONJ).

I dati epidemiologici disponibili su questa patologia sono ancora carenti. In particolare, l’estrema scarsità di dati pubblicati derivanti da trial clinici controllati randomizzati (RCT) non consente di avere stime esatte dell’incidenza dell’ONJ in questi pazienti, nonostante la presenza di studi osservazionali, caso-controllo e di coorte che potrebbero sembrare più adatte rispetto agli RCT nel definire le caratteristiche epidemiologiche di una malattia.

Le stime di frequenza di queste complicanze, riportate negli studi osservazionali variano generalmente tra l’1 e il 10% sull’intera popolazione dei pazienti trattati con BF per via endovenosa

Tra i fattori predisponenti più frequenti per lo sviluppo di ONJ viene riportata un’anamnesi di chirurgia dentale o di traumi dentali; tuttavia, il carattere retrospettivo degli studi non consente di escludere che il risultato possa essere almeno in parte dovuto ad una causalità inversa.

Nel 1995 fu comunicata la prima descrizione di una complicanza odontoiatrica (fallimento in trattamento implantare) in una paziente in terapia con BF, la letteratura ha identificato in seguito la comparsa di ONJ in rapporto a interventi odontoiatrici di chirurgia ossea, ma in seguito questo concetto venne ampliato; Marx nel 2005 definiva percentualmente le presunte cause di osteonecrosi in 119 pazienti nel seguente modo: estrazioni dentarie 37,8% chirurgia parodontale ed endodontica 12% interventi di implantologia 3,4%, e segnalava un rapporto con le parodontopatie nel 28,6% dei casi.

Nonostante il rapporto patogenetico tra terapie odontoiatriche-chirurgiche e ONJ, sono stati segnalati in letteratura numerosi casi a insorgenza spontanea o idiopatica; nei lavori più recenti si riporta una percentuale più elevata di queste forme di ONJ, dal 25-30% a oltre il 40% non connesse ad una terapia dentaria. Non è chiaro quale ruolo abbiano gli altri fattori, locali o generali, nel causare, promuovere o far progredire la patologia ossea. È interessante notare che in queste ONJ “spontanee o idiopatiche” sono documentabili numerose patologie odontostomatologiche, in ordine di frequenza: parodontopatie, carie, ascessi odontogeni, trattamenti endodontici incompleti; pertanto molte forme, cosiddette spontanee, potrebbero essere dovute a infezioni dento-parodontali reiterate.

Sebbene ormai siano numerosi i casi di osteonecrosi dei mascellari da bifosfonati descritti dal 2003 ad oggi, la letteratura internazionale non ha tuttora stabilito un comportamento univoco tanto nell’inquadramento e nella classificazione, quanto nella gestione di tali complicanze.

La comunità scientifica ha dal primo momento focalizzato l’attenzione sull’effetto prevalentemente

antiosteoblastico dei farmaci, attribuendogli importanza primaria nella determinazione della osteonecrosi. Tuttavia, sono state suggerite ulteriori ipotesi che centravano l’attenzione su altri meccanismi, tra cui, negli ultimi mesi, quello antiangiogenetico. Tale effetto sembrerebbe giustificare le lesioni a carico, non solo della microstruttura del circolo midollare, ma anche delle mucose orali.

MECCANISMO D’AZIONE DEI BIFOSFONATI

È ormai un fatto risaputo, anche al di là dell’ambiente degli addetti ai lavori, che questo tipo di molecole siano in qualche modo collegate alla necrosi ossea dei mascellari. Si tratta di una complicanza rara ma, evidentemente, di notevole gravità e difficile trattamento. Questo aspetto è anche sotto la costante lente d’ingrandimento degli enti di farmacovigilanza, come si può rilevare immediatamente con una rapida indagine dei motori di ricerca generalisti: l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha diffuso due comunicazioni su di uno dei più noti principi attivi della classe, comunicazioni prontamente recepite e diffuse dall’organismo nazionale corrispondente, l’AIFA.

Il web è estremamente utile anche per ricercare informazioni a più ampio raggio: è infatti lo stesso Ministero della Salute a integrare un capitolo dedicato all’osteonecrosi da bifosfonati all’interno delle sue raccomandazioni odontostomatologiche dedicate al soggetto adulto con malattia neoplastica. Esiste addirittura un documento a carattere monografico dal titolo Raccomandazioni per la prevenzione dell’osteonecrosi da bifosfonati, redatto a cura del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

I bifosfonati presentano un’elevata affinità per il tessuto osseo, in particolare agiscono inibendo l’attività degli osteoclasti. Il risultato sarà, evidentemente, la riduzione del riassorbimento di matrice ossea. Questa classe di farmaci trova dunque indicazione per una varietà di patologie di tipo oncologico e metabolico a carico del sistema scheletrico: diffusione metastatica di neoplasie osteofile, mieloma multiplo, ipercalcemia secondaria a neoplasia, osteogenesis imperfecta, osteite deformante (nota anche come morbo di Paget). Oltre a queste gravi condizioni, negli anni, i bisfofonati hanno trovato utilizzo nel trattamento di varie forme di osteoporosi; tutt’oggi, le linee guida pubblicate dalla National Osteoporosis Foundation e da altri importanti organizzazioni statunitensi concordano nel definire i bifosfonati per os come una terapia di prima linea a fronte di una diagnosi accertata di osteoporosi.

Questi farmaci sono suddivisi in: prima generazione non-contenente azoto (clodronato, etidronato e tiludronate) e la seconda e terza generazione contenente azoto (Alendronato, risedronato, ibandronato e zoledronato) e gli ultimi differiscono dagli altri perché aderiscono più intimamente ai minerali di idrossiapatite.

I BIFOSFONATI ED IL RISCHIO DI OSTEONECROSI NELLA PRATICA ODONTOIATRICA

Come è stato descritto, i bifosfonati (BF) sono farmaci che presentano un’alta affinità per le ossa, di cui hanno la capacità di modulare il turnover e ridurre il rimodellamento in corso di riassorbimento; essi tendono, tuttavia, a depositarsi nel tessuto osseo, dove possono determinare alterazioni persistenti anche dopo l’interruzione della terapia con un effetto prolungato.

Gli effetti positivi derivanti dall’uso di questi farmaci sono evidenti, come la prevenzione di ulteriori danni ossei, la diminuizione del dolore e, quindi, della necessità di antidolorifici e la riduzione di fratture patologiche, nonché la riduzione della necessità di eseguire trattamenti radioterapici su segmenti scheletrici ed il trattamento delle ipercalcemie maligne.

Generalmente i bifosfonati sono ben tollerati e raramente sono in grado di causare effetti collaterali rilevanti. Gli effetti indesiderati che possono causare questi farmaci sono vari e comprendono: reazioni gastro-intestinali, ulcerazioni delle mucose, anemia, dispnea, astenia e sintomi simil-influenzali.

In alcuni pazienti, essi possono provocare lesioni ossee del mascellare e/o della mandibola associate a segni locali e sintomi di diverso tipo e gravità, come ulcerazione della mucosa orale che riveste l’osso, esposizione dell’osso nel cavo orale, dolore ai denti e/o alle ossa mandibolari/mascellari, tumefazione o infiammazione, intorpidimento o sensazione di “mandibola pesante”, aumento della mobilità dentale, perdita dei denti. Recenti segnalazioni hanno tuttavia descritto l’osteonecrosi avascolare della mascella quale effetto avverso potenzialmente grave associato alla somministrazione cronica di tali farmaci.

Sebbene l’osteonecrosi sia stata finora riportata soprattutto nei pazienti sottoposti alla somministrazione endovenosa di bifosfonati, un numero sempre crescente di casi è riportato tra i pazienti soggetti all’assunzione di bifosfonati per uso orale per il trattamento dell’osteoporosi o del morbo di Paget. I primi casi segnalati di osteonecrosi dei mascellari (ONJ osteonecrosis of the jaw) associati alla terapia con i bifosfonati (BF) risalgono, secondo L’American Dental Association, al 2003.

L’osteonecrosi della mandibola o della mascella è una patologia invalidante a carattere progressivo e con scarsa tendenza alla guarigione. I segni di esordio sono molto subdoli ed estremamente variabili e vanno da un’infiammazione gengivale che non guarisce, alla perdita di un dente, alla lenta o mancata guarigione di un’estrazione, a un quadro di periodontite, alla presenza di ascessi dentari o fistole in cavo orale o all’esterno, sulla cute.

L’approccio odontoiatrico è basato fondamentalmente sulla prevenzione e sicuramente sul diretto rapporto con gli altri specialisti coinvolti nella gestione del paziente.

L’insorgenza dell’ONJ, in seguito ad intervento odontoiatrico, può rimanere clinicamente asintomatica per settimane o mesi e viene generalmente diagnosticata di seguito alla comparsa di osso esposto nel cavo orale. Le lesioni possono diventare sintomatiche con parestesie, dolore, disfagia, alitosi sino alla comparsa d’infezione dell’area interessata causata dai batteri della bocca, dalla necrosi in atto come dalla concomitante presenza di cattiva igiene e protesi dentali incongrue. La fase conclamata si manifesta come un’ulcerazione eritematosa cronica della mucosa orale in via di espansione, affioramento di osso necrotico sottostante, presenza di essudato purulento e possibile sanguinamento spontaneo.

A livello ambulatoriale i pazienti con osteonecrosi secondaria all’uso dei bifosfonati presentano una sintomatologia dolorosa e intensa, resistente alle normali terapie con farmaci antalgici e notevole difficoltà nell’alimentazione e fonazione.

A causa del dolore l’igiene orale è resa più difficile con seguente incremento di sovrainfezioni e aggravamento della sintomatologia. Facile osservare la comparsa di alitosi, tumefazioni, ascessi che solo parzialmente beneficiano della terapia antibiotica e tendono a cronicizzare. E’ chiaro che la qualità di vita di questi pazienti risulta ad essere gravemente compromessa, considerando che nei casi più gravi si ricorre sino alla resezione mandibolare.

Prima di iniziare il trattamento con bifosfonati, i pazienti, adeguatamente informati, devono effettuare una visita odontoiatrica per la valutazione della salute orale, per l’impostazione di un adeguato programma di prevenzione e l’eventuale trattamento di patologie locali.

L’odontoiatra prende in carico il paziente, stila il piano di trattamento che comunicherà al medico specialista oppure direttamente alla struttura che ha in carico il paziente stesso. In casso d’interventi chirurgici endorali è opportuno che la terapia con bifosfonati venga posticipata di almeno un mese e, comunque, fino alla completa guarigione della mucosa gengivale del punto estrattivo o chirurgico in genere. Sono comunque sconsigliati interventi d’implantologia orale com’è necessario rendere meno traumatiche le protesi rimovibili.

Nel caso di pazienti asintomatici che assumono bifosfonati, il medico specialista o il medico di medicina generale non dovrebbero far sospendere tale terapia, ma indirizzare il paziente dall’odontoiatra, che effettuerà una attenta valutazione clinica evidenziando e trattando i problemi di salute orale e diagnosticando tempestivamente lo sviluppo di eventuali lesioni ossee o mucose.

Nel caso che si rendano necessari e non procrastinabili alcuni interventi di chirurgia orale, l’odontoiatra decide sotto stretto consiglio e collaborazione con il medico specialista come procedere per il trattamento dell’infezione, del dolore, al fine di ridurre/evitare il rischio di osteonecrosi adottando protocolli di trattamento specifici ed utilizzando tecniche meno traumatizzanti per i tessuti.

Soprattutto saranno fondamentali il mantenimento di livelli ottimali di igiene orale, l’informazione e la sensibilizzazione del paziente.

Ogni estrazione dentaria o procedura chirurgica dovrebbe essere portata a termine prima dell’inizio della terapia con bifosfonati tenendo conto del periodo necessario alla guarigione. Prima di iniziare una terapia cronica dovrebbe essere considerato per ogni paziente il profilo rischio/beneficio e nei casi in cui vi fossero fattori di rischio locali o sistemici per l’osteonecrosi della mascella dovrebbe essere presa in considerazione la possibilità di effettuare una terapia alternativa con estrogeni, come ad esempio nelle pazienti con osteoporosi post-menopausale.

Visto che l’obiettivo primario è dato dall’eliminazione di tutti i potenziali siti di infezione, i pazienti dovrebbero essere informati sulla modalità migliore per curare l’igiene orale. Inoltre dovrebbero essere programmate delle regolari visite odontoiatriche.

Dato che l’osteonecrosi della mascella è più frequentemente associata a procedure odontoiatriche traumatiche per l’osso, nei pazienti predisposti le terapie endodontiche dovrebbero essere preferite alle estrazioni dentarie e alle procedure periodontali invasive. Anche gli impianti dentali dovrebbero essere evitati.

Quando si manifesta l’osteonecrosi della mascella, è necessario contattare immediatamente l’odontoiatra per stabilire un trattamento. Tuttavia, non esistendo per tale complicanza una vera e propria terapia solitamente non è possibile avere una completa risoluzione dei sintomi.

Per ridurre al massimo l’area di necrosi sono stati proposti alcuni approcci terapeutici.
Ovviamente, gli obiettivi che si cercano di ottenere nei pazienti affetti da osteonecrosi della mascella sono la riduzione del dolore e il controllo di infezioni secondarie nella area necrotica; ciò comporta nei limiti del possibile l’astensione da interventi chirurgici odontoiatrici in modo da evitare l’ampliamento della complicanza.

Viene raccomandata l’applicazione quotidiana di farmaci antimicrobici o antinfiammatori ad uso topico (per es. risciacqui con clorexidina o con gluconato 3 o 4 volte al giorno). Se si ha il sospetto di un’infezione locale, o se questa è stata confermata da un esame colturale, è necessario iniziare una terapia antibiotica sistemica.

Vista la biodisponibilità a lungo termine e l’assorbimento sistemico degli aminobifosfonati, rende inutile la sospensione della loro somministrazione nei pazienti chiaramente affetti da osteonecrosi della mascella. Tuttavia, è stato suggerito che, nei pazienti che necessitano assolutamente di effettuare un intervento di chirurgia orale, la sospensione della terapia con bifosfonati, quando possibile, viene ritenuta utile.

CONCLUSIONI

In letteratura, sono stati analizzati nel complesso 1339 pazienti (528 pazienti con una assunzione di Bifosfonati (BP) e 811 pazienti senza assunzione di Bifosfonati) con 3748 impianti inseriti (1330 gli utenti BP e 2418 in pazienti di controllo) e 152 perdita di impianti (113 gli utenti BP e 39 nel gruppo di controllo).

L’età dei pazienti variavano da 17 a 91 anni, e la maggior parte di loro erano di ​​sesso femminile. Ci sono stati 78 casi di osteonecrosi, 53 casi in mandibola e 23 casi in mascellare e 2 in entrambe le mascelle.

La maggior parte delle lesioni erano situate prevalentemente nei quadranti posteriori (63 casi), il periodo di follow-up variava 1-132 mesi.

In dieci degli studi selezionati, la via di somministrata dei bifosfonati era per via orale, 4 sia orale che endovenosa e 1 per via endovenosa.

Tra gli studi che riportavano la somministrazione di bifosfonati per via orale, solo due erano correlati a casi di osteonecrosi. Mentre, il cento per cento dei casi di assunzione combinata, sia orale che endovenosa, hanno dimostrato l’insorgenza della osteonecrosi.

Le indicazione più frequenti per l’assunzione di bifosfonati erano le malattie maligne.

Nel complesso, in questi studi, si è potuto notare che è bene valutare attentamente la pianificazione di riabilitazioni implanto-protesiche in pazienti sottoposti a terapia con bifosfonati. Il rischio di sviluppare l’osteonecrosi della mandibola da bifosfonati, così come la perdita di impianti esiste ed è maggiore nei pazienti sotto terapia con bifosfonati per via endovenosa.

Prima di intraprendere qualunque terapia chirurgica-implantare, si rende necessario acquisire ed analizzare una completa anamnesi storica medica del paziente e nel caso di presenza di terapia con bifosfonati, deve essere confermata, la durata del trattamento, nonché prendere in considerazione la via di somministrazione della stessa.

 

 

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Conflitto di interessi

Gli Autori dichiarano di non aver alcun conflitto di interessi

Finanziamenti allo studio

Gli Autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti per il presente studio

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