ALBERTO PUJIA•
CARLO CALABRESE**
Per adesione (connessione tra due superfici) si intende la forza che si oppone alla separazione di due corpi oppure di due sostanze eterogenee poste in contatto.
L’adesione tra due superfici si ottiene quando queste sono mantenute insieme da forze interfacciali;
una delle due è lo smalto (substrato o aderente) mentre l’altra è la resina, fluida e composita (adesivo).
Le forze interfacciali sono di natura meccanica, di natura chimica o di entrambi i tipi.
L’adesione meccanica si realizza per mezzo della polimerizzazione delle resine dopo l’esposizione alla luce visibile (effetto reologico, retrazione del materiale) e tramite le microscopiche irregolarità e fessure (cribrosità) ottenute sulla superficie dello smalto dopo la mordenzatura con acido ortofosforico al 36.5-37.5%.
L’adesione che sfrutta l’attuazione molecolare prevede invece che ci sia affinità chimico-fisica tra l’adesivo e la superficie dell’aderendo.
L’adesione chimica o specifica si realizza per mezzo di due principali tipi di attrazione molecolare: uno di tipo chimico a opera di forze di valenza primaria (legame ionico o eteropolare o elettrovalente, covalente e dativo o di coordinazione) che mantengono gli atomi insieme per formare molecole o semplici cristalli ed uno di tipo fisico ad opera di forze di valenza secondaria o legami intermolecolari (forze di Van der Waals e legami ad idrogeno o ponte d’idrogeno).
Il legame che si forma può essere relativamente debole se dovuto a forze di Van der Waals o a legami idrogeno, più resistente se si formano legami ionici o covalenti.
Nel caso in questione l’adesione sarà determinata dall’insieme di forze di origine meccanica e di origine chimica che si richiamano prevalentemente alle forze di Van der Walls.
Queste ultime appaiono quando le molecole dei due corpi sono separate tra loro solamente da 3 o 4 angstrom di distanza (1 Angstrom = 10 ‘° metri).
Le prove di trazione su smalto pulito, levigato ma non mordenzato (assenza di penetrazione dell’adesivo nello smalto) indicano un valore medio di 4,20 Kg/m2 e benché questi legami adesivi di origine chimica siano da soli insufficienti per una solida connessione essi contribuiscono validamente al legame.
La necessità di realizzare validi legami adesivi obbliga il clinico a privilegiare i legami di origine meccanica ma per riuscire ad ottenere forze interfacciali adeguate non è sufficiente creare delle porosità nello smalto, benché queste esercitino la funzione di zone di ancoraggio occorre che l’adesivo alloggi perfettamente in esse e realizzi uno specifico contatto tra le molecole dell’adesivo e quelle del substrato.
Esistono fattori di variabilità di adesione legati al materiale quali ad esempio la sua viscosità, la tensione superficiale e la contrazione al momento della presa.
Le caratteristiche peculiari per ottenere una adesione adeguata riguardano l’adesivo che dovrebbe essere idrofilico e chimicamente reattivo capace di generare il legame in tempi brevi e la superficie che dovrebbe essere chimicamente pulita, asciutta ed altamente reattiva.
Le resine fluide possiedono una buona compenetrazione (la maggiore fluidità rispetto alla matrice resinosa del composito permette una elevata bagnabilità delle superfici ed una migliore adesività) ma lo spessore dell’adesivo applicato dovrà mantenersi entro limiti contenuti pari ad un sottile strato di pochi micron (100 micron).
Qualora lo spessore del legante sia eccessivo contribuirà a creare, sommandosi alla resina composita, uno strato relativamente elevato rendendo la zona di confine elemento-composito poco resistente alle continue sollecitazioni meccaniche cui è sottoposto.
I l cedimento dl materiale durante la normale attività funzionale è la risultante della somma di piccole deformazioni (microfratture del riempitivo oppure cedimento del legame matrice-riempitivo) che divengono permanenti quando lo stress supera il limite elastico e la deformazione stessa non viene recuperata negli intervalli liberi di carico.
In caso di frattura questa avviene in parte dentro la componente polimerica ed in parte sulla superficie adesivo-substrato.
Nei compositi fotoattivati l’estensione dei legami crociati è determinata dallo spessore del materiale di apporto.
Il fissaggio diretto dei restauri allo smalto mordenzato risulta essere assai affidabile in quanto la resina composita impiegata, se necessario, con la resina fluida come materiale intermedio offre una resistenza al distacco di circa di 15-20 MPa equivalente ad un valore dì 147- 196 Kg/cm’. Ricordiamo che chilogrammo è uguale a 9,8 Mega Pascal.
La resistenza tensile (in vitro) alla trazione del legame allo smalto mordenzato è di l 8-19 MPa nelle preparazioni con i prismi tagliati trasversalmente e di 10-11 MPa nei campioni con i prismi tagliati longiditudinalmente.
Le forze impiegate nella sperimentazione clinica (compressione e taglio) sono indubbiamente diverse rispetto a quanto avviene nella cinematica masticatoria o nel ripetersi di un successivo evento, ma offrono comunque una resistenza notevolmente superiore alla disinserzione.
Il processo di adesione viene influenzato da una serie di fattori tra i quali la bagnabilità che costituisce l’abitudine dell’adesivo ad entrare in contatto con l’aderente e viene rappresentata dal l’angolo (rad) di contatto formatosi tra i due.
Il valore dell’angolo di contatto (radiante) è in finzione dell’adesivo, dell’aderente e dalla preparazione di questi.
I principali fattori che influenzano il fenomeno della bagnabilità e l’angolo dì contatto sono l’energia libera di superficie dell’aderendo che indica la sua attitudine ad attrarre le molecole esterne, la tensione superficiale dell’adesivo che dipende dalle forze di coesione interne e l’energia interfacciale solido-liquido.
Un liquido con angolo di contatto basso presenterà una tensione superficiale bassa (bassa viscosità) e presenterà nelle condizioni ottimali (smalto mordenzato) un angolo di contatto con valore zero distribuendosi spontaneamente sulla superficie.
Affìnchè molecole delle due superfici possano entrare in contatto reciproco occorre che l’adesivo sia il più fluido possibile per favorire la sua distribuzione e che lo smalto sia chimicamente pulito (assenza di sostanze contaminanti le quali possono ridurre notevolmente tale fenomeno).
Per migliorare i risultati clinici si procederà ad una mordenzatura con acidi deboli della superficie dello smalto.
Nel J 955 Buonocore introdusse l’idea di mordenzare lo smalto con acido ortofosforico, ponendo le basi per l’adesione; questa tecnica viene ancora utilizzata e permette di produrre un complesso tridimensionale sulla superficie smaltea, aumentando sia l’area disponibile per l’adesione, sia l’energia libera di superficie.
La corrosione con acido debole (acido ortofosforico) demineralizzando lo smalto crea delle irregolarità (micro-fessure) e contemporaneamente determina un ampliamento della superficie bagnabile ed un aumento della tensione superficiale (elevata energia libera di superficie). Questa è direttamente proporzionale alla mineralizazione del tessuto ed inversamente proporzionale al suo contenuto di materiale organico;
l’adesione allo smalto ricco di idrossiapatite è molto reattivo per la presenza di numerosi gruppi OH.
Il fenomeno della mordenzatura permette di realizzare un ancoraggio micromeccanico del composito resinoso con effetto reologico (fase della presa), aumentando di conseguenza l’adesione del prodotto e l’impermeabilità del contorno periferico.
Le cribrosità (porosità ritentive nelle microscopiche irregolarità e fessure dello smalto) sono infatti facilmente permeate dall’adesivo che penetra per capillarità formando zaffi o estensioni resinosi che rimangono stabilmente ancorate in esse realizzando una salda ritenzione fisico- meccanica.
La resina non composita essendo bi-funzionale copolimerizza formando doppi legami carbossilici (carbonio-carbonio) con la resina composita che verrà successivamente applicata.
L’adesività fisica aumenta infatti in proporzione dell’incremento delle aree che prendono rapporto con l’adesivo e alla diminuzione del diametro delle singole particelle di materiale.
La resina non riempita costituisce un valido tramite tra i tessuti duri dentali e la resina composita saturando lo spazio (hiatus, gap) esistente tra i due materiali (chiusura dei margini dell’interfaccia smalto-composito). In tal modo l’infiltrazione marginale diviene in genere praticamente trascurabile.
Lo hiatus generalmente presente l ungo l’ interfaccia smalto-composito appare di maggiore ampiezza in quei casi nei quali sono stati impiegati solamente compositi a granulometria elevata senza l’interposizione dell’adesivo e sono state evidenziate inoltre microfessure di entità direttamente proporzionali alla dimensioni del composito adoperato.
Infatti maggiore è la percentuale dei riempitivi inorganici e più cospicue sono le loro dimensioni, minore risulterà l’adattamento marginale.
Tutti i compositi presentano una contrazione da polimerizzazione il cui valore è all’incirca del tre per cento.
Quando avviene la diminuzione di volume si genera una tensione all’interno di tutti i componenti del sistema: composito, interfaccia elemento/composito e smalto ed in alcuni casi le forze della contrazione possono essere cosi elevate da provocare fratture microscopiche dello smalto oppure il distacco nell’ interfaccia (adesivo-aderendo).
Per ridurre lo stress da polimerizzazione e da carico funzionale di un materiale rigido si interpone fra esso e la superficie dello smalto a cui aderisce uno strato di materiale elastico (resina non composita) di uno spessore (50- 100 micron) tale da agire come un ammortizzatore rispetto alle forze di contrazione da polimerizzazione (tensione) e di carico funzionale (compressione).
Si è sentita la necessità di ricorrere all’uso di tali leganti in quanto sussisteva un’instabilità del legame diretto tra substrato dentale e composito dovuto ai loro differenti parametri.
La resina fluida è infatti il prodotto intermedio che assicura l’adesione tra il materiale composito ed i tessuti duri del dente compensando le differenze fisiche tra i due quali il coefficiente di dilatazione termico ed il coefficiente di elasticità.
Clinicamente, più della contrazione, interessa l’entità dello stress a cui restauro, dente e interfaccia sono sottoposti; esso dipende dal modulo di elasticità, che è diverso per le varie famiglie di materiali.
Ricordiamo che l’adesione di natura chimica è dovuta al formarsi di catene polimeriche tra materiali di composizione simile (reticolazione polimerica).
Ulteriormente, la tensione superficiale critica, espressa in dynes/centimetri, di un liquido per ottenere la massima bagnabilità deve essere uguale od inferiore alla tensione superficiale critica (energia libera di superficie) del solido sul quale viene posto.
L’adesione ottimale è ottenuta quando la tensione superficiale dell’adesivo e quella del substrato risultano uguali cioè quando il valore delle forze intermolecolari tra i due raggiunge quello delle forze di coesione (intramolecolari) di ognuno delle due sostanze.
La tensione superficiale degli adesivi dentari varia da 35 a 38 dynes/centimetri.
La tensione superficiale critica dello smalto umano nelle condizioni fisiologiche nel cavo orale è di 31,5 dynes/cm, dopo l’essiccamento della superficie raggiunge i 38,5 dynes/cm valore compatibile con quello dei materiali compositi da cementazione.
Affinché l’adesione sia massima non basta che l’adesivo penetri nelle pareti dello smalto ma occorre che questo adattamento spaziale sia stabile nel tempo.
In altre parole nel corso della polimerizzazione l’adesivo deve presentare una detrazione volumetrica minima, in caso contrario le stesse forze diminuiscono la resistenza al distacco.
La retrazione che si produce nel corso della polimerizzazione dei monomeri è determinata dalla evaporazione dei prodotti di reazione secondaria (acqua oppure prodotti di peso molecolare basso che evaporano nel corso della presa), dal raffreddamento a partire da una temperatura
Figura1: Denfina mordenzata Figura 2: Reslouro con Adesivo (resin Tag) Figura 3: Giuro:iDne Smolto-declina Restauro
Figura 4: Giunzione Smalto-denfirta Reslouro a maggior ingrandimento
C – angolo di contatto basso — elevata bagnabilità B – angolo di contatto elevato — bassa bagnabilità A – bagnabilità — angolo di contatto
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*Odontoiatra, Ricercatore Università degli studi di Roma “TorVergata” — Unità Operativa Dipartimentale Complessa di Odontoiatria Ospedale “S. Pertini” Roma.
**Medico, Specialista in “Odontostomatologia”, Specialista in “Ortogoatodonzia” e specialista in Chirurgia “Odon- tostomatologica”, responsabile Unità Operativa Dipartimentale Complessa di Odontoiatria Ospedale “S. Pertin i” Roma.
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